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Giacomo Zanella in un “Santino”

La Madonna di Chiampo e la poesia a lei dedicata.

di Italo Francesco Baldo

Importate iniziativa compiuta dai RR. Padri Francescani che curano nella Pieve di Chiampo la fede e il culto mariano dal 1867. Un luogo caro nella storia agli abitanti della città e della vallata che è sempre stato un riferimento preciso di preghiera e supplica da parte della popolazione.

   La prima chiesa sorse intorno all’anno mille e da questa iniziò l’evangelizzazione della valle del Chiampo.
Nel 1240 fu abbattuta, ma venne ricostruita e ampliata.

La Pieve di Chiampo prima del 1962.

Nel 1480 fu collocata una statua della “Madonna con il Bambino”, un bella raffigurazione in marmo dipinto, probabilmente opera di uno scultore locale.
Nel decennio 1640-1650 fu restaurata.
Nel 1962 il vescovo di Vicenza Carlo Zinato consacrò la nuova chiesa, alla quale già dal 1935 venne affiancata la Grotta di Lourdes voluta dal Beato Riccardo Granzotto (fra Claudio) a cui nel 2021 è stata dedicata una nuova chiesa di moderna costruzione.

L’attuale Santuario della Pieve di Chiampo.

Tornando alla Pieve di Chiampo, oggi Santuario, vi è notizia che nel 1962 fosse presente una vetrata dedicata al poeta Giacomo Zanella, purtroppo andata distrutta dalla grandine durante un temporale.

      Chiampo nell’omonima vallata ha avuto come grande cantore Giacomo Zanella, nato qui il 9 settembre del 1820; lasciato il paese natale “in erma valle”, trascorse la sua vita tra Vicenza, Padova e Cavazzale nel Comune di Monticello Conte Otto dove rese l’anima a Dio il 17 maggio 1888.
Il poeta, sacerdote, educatore, patriota e uomo dabbene non dimenticò mai il suo luogo di nascita, anzi lo ricordò spesso in numerose poesie (cfr. Giacomo Zanella Per Chiampo nostalgia e poesia, Vicenza, Il Sileno, 2020).
È da menzionare che proprio durante una gita iniziata a Chiampo, nella valle d’Alpone, probabilmente a Bolca, raccolse una conchiglia fossile che nel 1864 “sul quaderno di vati  famosi”, posto sulla sua scrivania a Padova, gli diede l’ispirazione per la celebre Ode Sopra una conchiglia fossile nel mio studio, che lo fece conoscere in tutta Italia e fu mandata a memoria, per la sua bellezza, da Alessandro Manzoni e da intere schiere di studenti.

Lapide in marmo in via degli Zabarella 88 a Padova a ricordo del luogo dove il poeta scrisse l’Ode “Sopra una conchiglia fossile” – 2009 – P. Angi, L. Cerantola, L. Marcato.

   Le opere di Giacomo Zanella sono numerose e di valore, anche se spesso non conosciute pienamente, ma  da circa vent’anni grazie ad un Premio Letterario Nazionale dedicato al poeta da parte della Amministrazione del Comune di Monticello Conte Otto, in particolare dell’assessore alla Cultura Maria Luigia Michelazzo e dalle celebrazioni, anche a Chiampo, del bicentenario della nascita, vi è stata una ripresa di studi intorno alla  sua figura e ai suoi scritti con diverse pubblicazioni tra cui i tre volumi di parafrasi e studio delle poesie da parte di Mario Bardin di Chiampo e opere di Giovanni Giolo, Gaetano Thiene, Don Giovanni Costantini e altri tra cui lo scrivente.

    L’iniziativa dei RR. Padri Francescani è un “santino” che riprende uno precedente: vi sono due importanti immagini, quella della chiesa prima del 1962 e la statua della Madonna, tanto venerata. Sul retro è la poesia alla Madonna della Pieve dedicatale da Giacomo Zanella. Il vate la compose nel 1863 per le Nozze Zaccaria-Rossi (Padova, Tip. Del Seminario).

L’esterno del santino.

In occasione di matrimoni era uso dedicare in onore degli sposi una poesia, un racconto, uno piccolo studio e diverse volte lo fece lo Zanella, ricordiamo che pure la sua famosa Ode fu scritta per le nozze di un suo studente veneziano Luigi Luzzatti, che sarà anche Presidente del Consiglio nel 1911.

    L’ode ebbe subito fama e all’entrata del Convento Francescano di Chiampo essa è trascritta nel marmo e a tutti è data l’occasione di leggerla e ora di averla anche in mano e apprezzarne il grande valore non solo poetico, perché essa è poesia orante nella quale confluisce anche la decisa analisi del tempo suo corrente. Un tempo che tendeva ad invalidare la fede e l’onore dell’uomo nel creato. La diffusione del materialismo positivista, erede di quello illuminista, voleva “emancipare” gli uomini, negando il valore della fede e della venerazione della Madonna e dei Santi.

    Rileggere questa poesia che parte dagli umili che si rivolgono, supplichevoli, a Dio e alla Sua Madre, si apre a considerazioni importanti che valorizzano la fede e danno quella consolazione di cui l’uomo abbisogna nella vita per superare difficoltà di ogni genere e che la scienza certo, soprattutto quando presuntuosa, non sa né può dare.

    Poesia orante la diciamo e nel riportarla possiamo rivolgersi alla Madonna che interceda per noi verso Dio, il suo Figlio e lo Spirito Santo nella consapevolezza che l’uomo non è solo “humus” ossia terra. Giacomo Zanella contro l’orgoglio dei dottorelli, afferma che la: “Filosofia che muta / L’anima in fango e l’avvenir fura?”, distrugge l’anima e l’amore verso Dio.

Madonna con il Bambino – 1480 – Marmo dipinto – Autore ignoto

Ad una antica immagine della Madonna

Oh, se quel dolce labbro, che d’amore
Pur sorridendo parla, si schiudesse;
Se ciò, che ascose in core
Per tanto tempo, quella Pia dicesse;

     Quante tacite pene e quanti voti
Non d’altri al mondo, che da Lei, compresi,
Quanti conflitti ignoti
E segreti martìr sarian palesi!

     L’umile paesel non ha dolori
Che non ricorra alla chiesuola antica,
E da te grazia implori,
O non mai tarda degli afflitti amica.

     Lì sgomentata, l’abito negletto,
Vien giovin madre che per pochi istanti
All’egro pargoletto
Il conforto rapì de’ suoi sembianti.

     Pel suo fedel sepolto e pe’ garzoni
Lontan lontano militanti accende
Povera cera e doni
Di pochi fior la vedovella appende,

Che conta i giorni e piagne. Oh, se non vista
La sua lagrima cade, e profumato
Lin non la bee, men trista
Anco sgorga dal cor racconsolato.

Miti ha gli affanni il povero che crede
Nè per andar di tempi e di fortuna
Si pente della fede,
Che da’ canti materni apprese in cuna.


     Dal fior della scïenza amaro tosco
Sugge l’audace secolo: più tenta
I chiusi abissi e fosco
Più lo raggira il dubbio e lo tormenta.


     Stretti nel pugno i conquistati veri
Sale superbo incontro al cielo: immensa
Luce è ne’ suoi pensieri,
Ma la notte del cor si fa più densa.

     Per tutto investigar di tutto incerto
Ciò che si creda e che si speri ignora.
O co’ tuoi sogni esperto
La febbre ad irritar che ti divora,

     Povero ingegno uman, di tanti voli,
Onde il mondo abbracciasti e pellegrino
Oltre i lontani soli
Ferver sentisti l’alito divino,


     Degno frutto ti par questa sparuta
Di vil lucro maestra e di sozzura
Filosofia che muta
L’anima in fango e l’avvenir ti fura?


     Ahi, dal dì che lo scettro in sua man tolto,
«Più non v’ha Dio,» l’uom disse e re si assise
Dell’universo, il volto
Scolorato abbassò nè più sorrise.


     Spento il sereno fior della speranza
Che rimena la stanca anima a Dio,
Quello che al mondo avanza
È notte sconsolata e freddo obblio.

Giacomo Zanella 1863

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