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Per Giacomo Zanella nel bicentenario

L’intervento di Italo Francesco Baldo
al 17mo Premio Letterario Giacomo Zanella.

In occasione della premiazione del 17° Premio Letterario Giacomo Zanella dal titolo Per novo cammino… , è stata presentata l’antologia di racconti dei vincitori e dei finalisti con quelli della Sezione Ragazzi (Vicenza, Editrice Veneta, 2022).
Accanto, come di consueto, vi è stato un momento di approfondimento della figura del poeta.

Mario Bardin di Chiampo ha presentato il primo dei tre volumi della sua L’opera poetica di Giacomo Zanella (Cornedo – Vicenza, Tip. Danzo, 2021) nella quale intende presentare le poesie, riunite per tematiche (Picciol borgo, Le guerre risorgimentali, Alle terme di Recoaro, Gli Aganoor, Le allieve, Una famiglia speciale, Il medico del paese) del vate unite ad una “parafrasi” per l’intellezione migliore del valore dei versi stessi, raggiungendo  il cuore di ogni lettore.

  Italo Francesco Baldo ha illustrato il contenuto del volume Per Giacomo Zanella Bicentenario della nascita (1820-2020) ( Vicenza, Editrice Veneta, 2022) che raccoglie una serie di studi di vari Autori che hanno riflettuto sul valore del poeta come studioso, come pensatore  intorno alla scienza e alla tecnica e come poeta, ricordando anche i due momenti teatrali a cura di Mauro Maruzzo e Pino Fucito sulla persona del vate stesso. Diamo qui di seguito la Presentazione.

Per Giacomo Zanella

Buon giorno.
Grazie come sempre per la vostra presenza ad onorare sia i vincitori di questa 17^ edizione del Premio dedicato al poeta Giacomo Zanella sia il poeta stesso che in questa villetta dimorò e si avviò alla sua seconda vita.

È trascorso del tempo da quando nel pieno della pandemia abbiamo ricordato e vissuto come attuale la poesia e l’opera tutta di Giacomo Zanella in occasione del bicentenario della nascita. Desidero ringraziare gli Amministratori del Comune di Monticello Conte  Otto  che  si sono impegnati in prima persona per riuscire a evidenziare il valore dell’uomo e del poeta con tante manifestazione e se sembravano esserci difficoltà quasi insormontabili,  sono riusciti  felicemente a superarle.
A loro ed in particolare al Signor Sindaco Damiano Ceron e ai suoi predecessori Claudio Benincà e Alessandro Zoppelletto, all’Assessore alla cultura Maria Luigia Michelazzo, coadiuvati da Nico Veladiano e tanti altri illustri studiosi, dobbiamo l’impegno a realizzare questo volume, che intende raccogliere, per fare memoria del bicentenario, quanto è stato compiuto.

Da sinistra: Mario Bardin, l’assessore Maria Luigia Michelazzo e il prof. Italo Francesco Baldo durante la presentazione.

   Le parole poste dall’assessore come presentazione al volume ben sottolineano l’impegno dell’Amministrazione, che: “intende lasciare testimonianza oggi e per il domani di un poeta che è caro ai suoi concittadini e a coloro che più lo approfondiscono e più lo considerano importante come uomo nelle diverse sue espressioni da quella più nota di poeta a quella di amico, di educatore, patriota e, non certo ultima, quella di sacerdote, come già disse Antonio Fogazzaro. In ogni suo “servizio” perché per Zanella la fede, la cultura sono servizio e non esibizione di se stessi, egli fu  disponibile e comunicò con tutti, soprattutto con i più deboli, dando loro un messaggio di speranza e insegnando alle giovani generazioni l’amore per la bellezza del creato e l’armonia, non facile a raggiungersi come affermava Tommaso da Kempis, autore caro al poeta, di una serenità interiore, perché egli era, come scrisse di lui Carlo Emilio Gadda “un buonissimo abate”.

Emilio Manzotti – © The Edinburgh Journal of Gadda Studies

   I testi raccolti iniziano con quello del professor Emilio Manzotti, già docente di filologia all’Università di Ginevra, che ha dedicato espressamente per il bicentenario e con ciò vogliamo sottolineare che lo Zanella è ben conosciuto anche all’estero, nonostante qualche snob provinciale non voglia considerarlo, il saggio «PER ROMITA | SÈMITA», CON GIACOMO ZANELLA E FRAY LUIS DE LEÓN. Un testo che sottolinea come affermava già Carlo Augusto Levi nel 1888, come lo Zanella “colle sue traduzioni portò da mari estranei perle novelle alla musa italiana” con un valore di traduzione, ben sottolineato dal Manzotti , che non è un accostare parola straniera a parola italiana, ma ricerca per cogliere nella versione l’autentico spirito poetico del vate straniero. Afferma il Manzotti che: “Traducendo dallo spagnolo di Fray Luis, Zanella non faceva solo opera di raffinato latinista e romanista (e ovviamente di assiduo lettore delle Scritture); ma anche, come vorrei suggerire, di filologo, di etimologo”, una filologia non fine a se stessa, come lo Zanella criticava i filologi tedeschi, ma in servizio alla resa poetica.

Loretta Marcon

    Segue l’intervento di Loretta Marcon nota e fine studiosa di Giacomo Leopardi, per il quale lo Zanella anche lui “Giacomo”, aveva una vera e amata relazione poetica, sottolineata tempo fa proprio in occasione di un premio dal professor Giovanni Giolo. L’intento della studiosa è stato quello di avvicinare le due personalità, lasciando dunque da parte quelle analisi tecniche e quelle comparazioni che non sarebbero piaciute allo stesso Leopardi e forse neppure allo Zanella. Scrive, infatti,  la studiosa: sono “due vite diverse quelle di Leopardi e Zanella accomunate dall’accentuata sensibilità e dalla più o meno palese inquieta ricerca della felicità o, perlomeno, della serenità. Senz’altro più fortunato lo Zanella, per i suoi rapporti di amicizia e gli scambi letterari, fino all’aver potuto concludere la propria vita terrena nella sua terra, nella sua casa, nella sua villetta, lontano dalla vita pubblica. Ma qual è allora l’anello che lega i due Giacomo? “… il legame di fondo tra i due poeti è da ricercare in quella malìa sottile e indescrivibile che avvicina le sensibilità e che va al di là del tempo e dello spazio.
I due poeti: “Insieme nella “tempesta” dell’invidia e della malevolenza: ambedue colpiti da giudizi ingiusti e violenti espressi con un linguaggio che rivela fin troppo un livore, forse poco comprensibile da coloro che idealizzano il Parnaso letterario. Tralascio la triste lettura delle cattive “litanie” dalle quali sia Leopardi che Zanella furono colpiti, l’uno da Niccolò Tommaseo , l’altro da Vittorio Imbriani (definito dal Carducci «tristo uomo e cattivo scrittore, di animo freddo, maligno e invidioso).Sarebbe fin troppo facile smontare giudizi espressi con un linguaggio che appare volgare e basso, inaccettabile non solo nella bocca di letterati ma anche in quella di qualsiasi “villano” di borgo eppure usato a man bassa da coloro che pretendevano di giudicare i due poeti, (Tommaseo e Imbriani). E che purtroppo suona nella bocca per lo Zanella anche in epoche recentissime da chi poco e malo non lo ha  considerato nella sua interezza. E così ben scrisse il poeta vicentino: “Chi di me parla? D’obbliqui detti/segno mi fanno lingue scortesi? /fan di me strazio maligni petti/ch’io non offesi?”

Stesso destino per il Leopardi che fin da adolescente veniva chiamato dal borgo «saccentuzzo di filosofo ed eremita»” Ma nonostante questi tentativi di denigrazione, i due poeti si stagliano comunque nella letteratura come degni di lettura, considerazione e sono emblematicamente proposta per l’oggi, proprio per quel “sentire” il mondo che li avvicina e coinvolge lo Zanella amante del Leopardi Cosicché come affermava  UgoFoscolo: «le sublimi anime passeggiano sopra le teste della moltitudine che oltraggiata dalla loro grandezza tenta di incatenarle o deriderle».

   Un “sentire” vicino e fonte di poesia, nello Zanella nella considerazione di una “ quiete” finale e non solo “dopo la tempesta”.

Oreste Palmiero

    Lo studioso Oreste Palmiero della Biblioteca Civica Bertoliana, attento curatore del deposito di “carte” e testi sullo Zanella conservati nella “clinica dell’anima”, che è il motto fin dalle origini della biblioteca vicentina, ci presenta il carteggio che è nella  civica istituzione e ci fornisce per la prima volta anche l’elenco dei corrispondenti, impegno di cura questo notevolissimo. Con un preciso taglio Palmiero evidenzia il “valore intrinseco di un documento archivistico come la lettera, in virtù delle proprie peculiarità, va ben al di là della semplice e pura testimonianza scritta. Un carteggio come quello dello Zanella – soprattutto se consistente anche in termini quantitativi – delinea la storia dello scrivente, ne narra i bisogni, rivitalizzando spesso relazioni private altrimenti destinate alla dissoluzione: potenza della parola scritta, dunque, che, soprattutto in quell’Ottocento impregnato di sentimentalismo romantico, infonde spesso anche ai corrispondenti più distanti – sia caratterialmente che fisicamente – uno stile epistolare che definirei coraggioso.” Dopo la descrizione del fondo Palmiero ben mette in evidenza attraverso due lettere la stima di cui lo Zanella godeva presso il Manzoni. Dalla lettera di  Giovanni Rizzi, professore trevigiano e assiduo frequentatore di casa Manzoni, che rassicurava il poeta vicentino: “E se sentisse cosa dice di Lei il Manzoni! Non glielo dico perché, per quanto sia grande la Sua modestia, correrebbe certo un grande pericolo, ed io non voglio far la parte del tentatore. Le dirò solo che mi parla di Lei molte volte, e che, oltre alla stima grandissima che ha del poeta, ha un vero affetto per l’uomo, per Don Giacomo Zanella .” e Cristoforo Fabris, a proposito della ritrosia di Manzoni nel dare giudizi sui libri nuovi, aggiungeva:” Fra i viventi l’udii parlare talvolta di un prosatore e di un poeta, giustamente celebri entrambi: del De Amicis e del Zanella […] avendogli io detto che avevo veduto dei versi molto belli di Zanella, egli mi rispose: “I versi dello Zanella son belli tutti” (altro che un disastro come scrive che si libera con cattiva ironia dello Zanella). Sempre Fabris chiosava quindi che Zanella “fu caro al Manzoni, che gli fece anche confidenze non fatte ad altri, riguardo alla sua conversione” .,

  Sono queste documentazioni atte a ben considerare lo Zanella poeta e uomo  rispetto a qualche  fiorellino vicentino.

Mauro Maruzzo durante la serata del 26 giugno 2020.

    Il bicentenario è stato festeggiato anche con due momenti “teatrali”, uno a cura di Mauro Maruzzo, “L’abate Zanella e la giovane Aganoor: storia di un’amicizia in quattro tempi”, sull’amicizia tra Giacomo Zanella e la sua allieva Vittoria Aganoor che tanto piacque a Benedetto Croce, che non amava invece il poeta.

Un’immagine suggestiva dello spettacolo di sabato 12 settembre 2020.

Il secondo “Zanella Racconta Zanella”  a cura di Pino Fucito e con gli attori  della compagnia teatrale “La trappola”. Una visione esistenziale della vita del poeta  che ben si riassume  nella domanda che il poeta si pone e lui stesso fornisce la risposta attraverso le sue opere:

Che son? Che fui?
Pel clivo della vita discendo e parmi un’ora
che garzoncel furtivo

Con partecipazione il 26 settembre del 2020 a Villa  Valmarana-Bressan il convegno “Zanella e la scienza”, che ha portato in evidenzia l’attenzione che Giacomo Zanella ebbe per la scienza e la tecnica.
Il Convegno fu salutato dal Sindaco Damiano Ceron, dal vescovo di Vicenza mons. Beniamino Pizziol, dal Presidente della Provincia di Vicenza e Sindaco di Vicenza Francesco Rucco.

Da sin. – Prof. Italo Francesco Baldo, prof. Gaetano Thiene, don Giovanni Costantini.

   Il primo e importante intervento fu del professor Gaetano Thiene dell’Università di Padova e Presidente dell’Accademia Olimpica di Vicenza che sottolinea come a Vicenza nell’epoca in cui fu attivo lo Zanella, vi fosse un grande e preciso interesse per la scienza; per le scienze in genere che stavano sviluppando e progredendo in tutti i campi.
Di particolare attenzione fu l’ipotesi evoluzionistica di Charles Darwin che suscitò anche problemi di carattere religioso, teologico e morale, ma non tanto per l’autore dell’Origine della specie, quanto per le conclusioni “azzardate” che si fecero allora e che con poca attenzione alla scienza stessa proseguono anche oggi. Lo studioso della sindrome di Nava, Martini, Thiene (detta di Brugada) ha  ricordato come “ Il 14-17 settembre 1868 si tenne a Vicenza la terza riunione straordinaria della Società Italiana di Scienze Naturali, presenti 150 persone…tra cui il primo traduttore della famosa opera di Darwin Giovanni Canestrini e presente Cesare Lombroso.
Nella seduta di chiusura il presidente Lioy propose, come socio corrispondente, la nomina del “signor Carlo Darwin”, recentemente autore dell’opera L’origine delle specie (1859), che ebbe un grande successo. Il libro stimolò fervore nella fiducia nella ricerca scientifica, che sul macrocosmo dell’universo aveva avuto protagonisti Copernico, Galileo, Keplero, Newton e sul microcosmo del corpo umano Vesalio per l’anatomia, Harvey per la fisiologia e Morgagni per la patologia, tutti dell’Università di Padova.La candidatura di Darwin era stata avanzata da Giovanni Canestrini, che da poco aveva tradotto dall’inglese all’italiano il libro L’origine delle specie. La proposta fu approvata a pieni voti, con acclamazione .

Lo stesso Zanella votò a favore, vedendo nell’evoluzione lo strumento di creazione divina del mondo biologico, con un fine antropico. Zanella si schierò con Darwin, contrario però al “darwinismo”, che dava una interpretazione materialistica e atea della teoria (“evoluzionismo”).

Un preciso corredo illustrativo evidenzia poi il progresso della scienza e della tecnica, particolarmente nell’ambito degli studi cardiologici.

Il prof. Italo Francesco Baldo e il prof. Gaetano Thiene durante il convegno.

    Sulla considerazione che Giacomo Zanella ebbe della scienza in relazione alla fede si muove l’intervento di un certo Italo Francesco Baldo, che forse conoscete per la continua vessazione cui vi sottopone con le sue ricerche. Il saggio evidenzia l’interesse di Zanella per la scienza e la tecnica con la consapevolezza che ebbe Immanuel Kant che non è lecito alla scienza oltrepassare i limiti  della sua propria specificità, del proprio oggetto d’indagine, come spesso accadeva allora ed oggi; allora ad opera dei darwinisti, oggi  da parte degli scientisti che dalla ricerca delle scienze naturali e matematiche traggono conclusioni di negazione della metafisica (teologia) e della fede religiosa. Zanella fu consapevole di questo rischio e lo denunciò, proprio perché egli aveva e ci propone una visione globale dell’uomo come persona, senza la confusione brambilliana dell’uomo solo come essere “animale”, una originalità priva di senso.

Don Giovanni Costantini legge Giacomo Zanella.

Il volume  prosegue con intervento di don Giovanni Costantini poeta lui stesso e capace di sottolineare il valore poetico dello Zanella in vari aspetti e con forte voce ha declamato i versi del “collega”. Ben ha sottolineato il sacerdote: “Zanella, uomo e prete, la vita attiva congiunge in armonia con la contemplativa. I suoi scritti di prosa e poesia a conciliare teologia e ragione, la scienza con la fede ed il cattolicesimo con la patria italiana in formazione. L’opera è tutta pregna di religiosità, se per questa s’intendono senso della natura, stupore per la vita e la bellezza, dedizione ai valori, pietà per gli ultimi…Lo muove, innanzi tutto, la certezza della Vita nell’oltre della morte. Lo sperare è d’autentico Cristiano. E questi è un uomo ch’è tutto amore per il Cielo Eterno. Pertanto è il più impegnato nel tempo della Terra, che Dio sta già trasfigurando per un durare che non avrà più fine…con un  Cristianesimo inteso come vita morale più che quella assoluta novità della Vita Divina partecipata all’Uomo.”

Il prof. Mauro Maruzzo

    Chiude il volume il saggio di Mauro Maruzzo, che  ero stato tentato di porre all’inizio, considerando che per la prima volta egli si affaccia con uno scritto al poeta Zanella Il suo saggio: È LA RADICE CHE PORTA TE. CHE M’INTERESSA DI UN SONETTO DI ZANELLA?  L’Autore individua subito il valore della natura per il poeta fin dalla giovinezza e la sua relazione con l’arte: “Camminando, lo sguardo vaga e spesso cade sulle chiome degli alberi, nere trame, sciami fruscianti; lo stormire delle foglie e il sibilare del vento tra i vuoti recuperano parole vaganti nella memoria. Cosi nel sonetto

NATURA ED ARTE

Pensiero con pensier, rima con rima

Intarsïando andai sulle mie carte;

E fu tal ora che l’ambita cima

Aver già tócca mi sembrò dell’arte.

   Con felice intuizione il giovane studioso, formatosi al Liceo Classico “A. Pigafetta” di Vicenza sotto la guida attenta di Giovanni Giolo e di altri qui presenti scrive: “Natura ed arte è una scrittura che parla della scrittura: una metascrittura. Che però, per parlare di se stessa, ha bisogno di un’analogia, di paragonarsi ad altro: all’albero, che la natura fa crescere armonizzandone le parti. L’albero si fa modello della scrittura, dunque della vita.”

  Con ampi riferimenti al mondo letterario classico Cicerone e filosofico Aristotele e contemporaneo, lo studioso traccia il valore della natura per l’uomo in una visione che non voglio dire “ecologica”, il che sarebbe facile e scontato, ma in quella di quel concerto dell’universo, che piaceva tanto allo Zanella, dove la parti debbono armonizzarsi nella vita, nel pensiero e nel significato ultimo. 
Molto altro infine echeggia tra i divaganti pensieri con i versi di “Natura ed arte”: l’umiltà dell’autocritica del poeta al cospetto del modello arboreo : “io sovente al finir del mio costrutto / contemplo un mostro”; l’inevitabilità della fatica: “la lima / non sempre eguale il suo lavor comparte”; l’invito ad allargare lo sguardo: “quando crei l’arboscello, e tronco e seme / tu promovi ad un tempo e fiore e frutto”, a cogliere autoironicamente la misura delle nostre speranze: “E d’agguagliarti ho speme!”.

Un testo questo a più voci che ci lascia memoria ossia come scriveva Cicerone questo sarà Historia vero testis temporum e speranza che ci aiuti nella lux veritatis.
Grazie

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