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Giacomo Zanella Italo Francesco Baldo La Voce del Sileno

Un estimatore veronese di Giacomo Zanella: Alberto di Sarego

Una giovane poeta nel 1872.

da La Voce del Sileno di Italo Francesco Baldo

    Giacomo Zanella fin dai primi anni di insegnamento curò molto la preparazione degli studenti che gli erano affidati e ben lo descrive in questo compito Fedele Lampertico: “Giacomo Zanella ebbe da insegnante e soprattutto da educatore una costante preoccupazione per la vita spirituale e morale degli allievi che gli erano affidati; rifuggiva, dal foggiare i giovani tutto al suo stampo.
Cercava di scoprirne le attitudini; meglio ancora di far sì che essi medesimi giungessero a rendersene conto, acquistando così fiducia in sé, aprendosi da sé la loro via. Né confidava nella riuscita della scuola, quando non fosse coadiuvata dalla famiglia.”
Molti furono gli estimatori, tra costoro ricordiamo il giovane Alberto di Sarego.

    Alberto di Sarego (Verona 20 maggio 1855 – Verona 31 marzo 1936), appartiene ad uno dei due rami della famiglia veronese dei Sarego, quella dei Cortesia; dopo la formazione universitaria, si sposò con Carolina Da Lisca e si dedicò con grande attenzione alle proprietà agricole familiari, particolarmente a Veronella, dove fondò anche la Società operaia di Mutuo Soccorso nel 1897.

    Notevolissimi in lui, afferma la biografia citata, l’amore delle lettere e delle tradizioni familiari e patrie. Custodiva, infatti, con vivo amore il prezioso archivio di famiglia. Fu poeta gentile e verseggiatore acuto, la sua vis poetica fu fatta sentire in liete occasioni, in amichevoli adunate, dove emergeva la freschezza della sua vena e l’acutezza del suo spirito erano ammirati.

Giovanissimo nel 1872 si dedicò alla poesia, pubblicando prima tre composizioni ne “La Scienza per tutti. Periodico Artistico, letterario” edito a Verona, e successivamente cinque poesie per “L’albo dei giovani”, sempre a Verona.
Tra le poesie una, che testimonia l’ammirazione, è riferita direttamente al poeta vicentino Giacomo Zanella (Fratello e sorella. Ad imitazione d’una poesia di G. Zanella), altra ad una sua poesia (Arte e Natura).

Un numero de “L’albo dei giovani” del 1873.

   Le poesie, certo scritte nell’entusiasmo giovanile, che caratterizza spesso l’inizio di una vita poetica, attestano la capacità di composizione unita ad una cultura e a ideali che in quegli anni premevano ai giovani che si affacciavano alla vita pubblica. 

Il 1872 è anno di poesia per Alberto di Sarego, poi gli impegni di studio, di famiglia lo portarono ad altri orizzonti, ma conservò sempre la sua vena poetica, come ci tramandano e anche in questo caso ci si attesta come i poeti “muoiano” giovani, ovvero la poesia è solo una breve stagione o lunghissima quando in loro continua a “battere in cuore” sempre quel “fanciullino”, che è la fonte della poesia stessa, perché capace di entusiasmarsi e avvertire quel senso interiore che trasforma i pensieri di fronte al mondo e alle persone in versi.

Fratello e Sorella
Imitazione d’una poesia di G. Zanella

   Là nei recessi della valle ombrosa
Due fanciulletti in dolce atto d’amor,
Seduti ai piedi d’una quercia annosa,

Sorridon lieti tra l’erbette e i fior.

La sorellina ha gli occhi azzurri e lieve
Per gli omeri le scende il biondo crin,
Nero il ciglio e le chiome, e al par di neve
Bianca ha la gota il dolce fratellin.

    Come nel ciel sorridono beati
Gli angioletti più belli del Signor,
Tal quei pargoli, inconsci ancor dei fati,
Van sorridendo in dolce atto d’amor.

   Ahi! Pochi lustri passeranno e forse
Quei, che a’pie’ della quercia riposâr,
Quei che lo stesso ciel beati scôrse,
Saran divisi da un immenso mar.

   Quando la suora il vincolo d’Imene
Stringerà lieta nel paterno suol,
Forse il fratello su lontane arene
Cadrà pugnando sotto un altro sol.

   Così disgiunti avran fra loro gli avelli
Quei, c’or sorridon tra l’erbette e i fior…
Ma su nel cielo i teneri fratelli
Sorrideranno in dolce atto d’amor.

“L’Albo dei giovani”, anno I (1872), N.2., 1 giugno, p.14

  L’Arena di Verona
Sonetto

Erma t’estolli maestosa e bruna,
Nobil memoria delle antiche genti,
Né dopo tanti secoli paventi
L’ala del tempo, od altra ria fortuna

  Tu vedesti svanire ad una ad una
L’itale glorie, e i pianti ed i lamenti
Udisti pur dei popoli dolenti
Dallo scoglio di Scilla alla laguna

   Fra gli archi tuoi ripetè l’eco i suoni
Delle squille guerriere, e il tricolore
Vessil vedesti, e l’itale legioni.

   Deh! Risorga l’Italia al prisco onore
E tu, che al tempo alta la fronte opponi,
Sii spettatrice d’un’età migliore.

“L’Albo dei giovani”, anno I (1872), n.6, 1 agosto, p.444

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